Nelle ultime settimane l'installazione dell'antenna di Wind a Paderna è finita diverse volte sulle pagine dei quotidiani locali. Della vicenda ci siamo occupati qui un anno fa, quando tutto era ancora in alto mare e forse a nessuno interessava. Torniamo ad occuparcene oggi che l'antenna è stata fisicamente installata ed entrerà in funzione tra pochi giorni. Torniamo ad occuparcene anche perchè è un esempio piuttosto efficace di temi che ciclicamente ritornano nel dibattito pubblico italiano. Tutti nimby con il cortile degli altri Nimby, come forse sapete, è un acronimo inglese che ha avuto una certa fortuna negli ultimi anni nelle discussioni italiane. E' un termine con una connotazione negativa che vuole indicare l'atteggiamento di chi è a favore di un'opera, di un impianto, di una tecnologia, basta che non finisca nel proprio giardino (my back yard). Le antenne di telefonia mobile in Italia (ma non solo) sono un esempio piuttosto frequente. In verità succede spesso che l'etichetta "nimby" venga appiccicata come argomento dialettico che non permette di approfondire le ragioni di chi si oppone con motivazioni che perseguono non solo l'interesse privato ma anche quello pubblico. Il frullato pubblico e privato Gli abitanti di Paderna, in particolare quelli più vicini al Poggio, nel protestare contro l'impianto difendono un loro legittimo interesse privato, ma allo stesso tempo possono difendere un interesse pubblico come la tutela del paesaggio. Anche Wind nel piazzare un'antenna difende sicuramente un legittimo interesse privato, ma allo stesso tempo l'opera ha un interesse pubblico perchè permettere agli abitanti di zone "periferiche" una migliore connettività od una possibilità di scelta rispetto ad altri operatori. Infine la parrocchia di Paderna che ha affittato a Wind il terreno sembra perseguire un proprio interesse privato, ma i soldi probabilmente serviranno per ristrutturare la chiesa o altri interventi con ricadute sulla comunità. Come sempre la realtà è più complicata delle apparenze. Star Trek e le opinioni informate Harlan Ellison è un attempato ma vivace scrittore di fantascienza americano (vi dice qualcosa Star Trek ?) con un carattere piuttosto scontroso e anticonformista che un giorno, per l'ennesima volta, sbottò con l'intervistatore di turno: "We are not entitled to our opinions; we are entitled to our informed opinions. Without research, without background, without understanding, it’s nothing. It’s just bibble-babble. It’s like a fart in a wind tunnel, folks" (Non abbiano diritto alle nostre opinioni, abbiamo diritto ad opinioni informate. Senza ricerca, senza una formazione alle spalle, senza comprensione, un'opinione non è niente. E' solo bla bla. La traduzione dell'ultima frase ve la risparmiamo). Al di là dei toni piuttosto coloriti, Ellison sottolinea un dato vero: spesso abbiamo opinioni e discutiamo a prescindere dai fatti e dalle informazioni e questo rappresenta una gran perdita di tempo per la ricerca di una soluzione ai problemi. Nel caso di Paderna ad esempio l'argomento dell'inquinamento elettromagnetico è suggestivo, ma privo di evidenza scientifica. Il ripetitore in questione è, allo stato dei fatti per tipologia e posizione, forse meno pericoloso per la salute pubblica del forno a microonde citato nel cartello di protesta posizionato sulla strada. Il principio di cautela (non sappiamo se fa male, quindi prendiamo precauzioni) è un principio di buon senso, ma non può essere trascinato all'infinito anche contro l'evidenza. Lo dice chi 12 anni fa su queste pagine ha sollevato il caso della posizione non lecita delle antenne Tim vicinissime alla scuola di Vezzano. La scienza, tra scie chimiche e cure miracolose, va considerata una delle grandi vittime del moderno dibattito pubblico italiano. L'inquinamento elettromagnetico rischia poi di togliere forza e rilevanza ad un tema concreto come è quello dell'impatto sul paesaggio. Anche qui però bisogna aver ben presente che la legislazione lascia purtroppo ben pochi spazi di manovra a chi amministra i singoli territori. Una soluzione sempre di buon senso sarebbe quella di lasciare agli enti locali la possibilità di individuare delle zone tecnicamente utili alla telefonia mobile (ma di minore impatto sul paesaggio) dove costringere gli operatori a concentrare le proprie antenne. Ma oggi, nei fatti, non è così. Il problema è che cambiare una legge richiede tempo, competenze, tempi più lunghi, battaglie per altri cortili e probabilmente non per il nostro. E' più semplice per tutti noi ormai affidarsi alla speranza più immediata, ma effimera e selettiva del Gabibbo di turno, della Iena in servizio permanente, del titolaccio sul giornale. Verrebbe da dire però, stravolgendo quel tedesco famoso, "sventurata quella terra che ha bisogno di Gabibbi". Perchè una comunità viva e sana avvista i problemi per tempo, quando magari non sono ancora problemi, ne discute civilmente e con razionalità, cerca soluzioni condivise se possibile, combatte se necessario. La prossima volta magari proviamo a fare così. ps: sì, sono argomenti piuttosto impopolari, soprattuto di questi tempi, ma tant'è. |