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Il Mulino Boni passato e presente
Autore : redazione - mer 18 gennaio 2006 - Cultura
Pubblichiamo alcune note sul Mulino Boni e tintoria scritte da Silvio Filiaggi proprietario e autore del restauro di una parte da considerare storica di Vezzano.

molino boni da sud
Per dare cortese risposta alle numerose persone di Vezzano e dintorni che in occasione della Sagra di S. Martino me ne hanno chiesto notizie, ecco una breve storia del complesso Molino Tintoria di Vezzano, costruzione molto antica e praticamente intatta nel tempo.

Nel corso degli ultimi quattro secoli il molino con la sua ruota ha macinato le farine per le azdore del paese e colline contigue, la tintoria con la sua ruota più piccola, i suoi macchinari come il mangano e con la medesima acqua affinava e tingeva quella stoffa grigiastra ottima per il lavoro ma non solo che nelle famiglie si tesseva a mano con la lana di pecora. La stoffa si chiamava appunto lanèda ed era il jeans dei nostri vecchi fino agli anni intorno al 1950.

La stessa piccola ruota tramite un suo ingranaggio in legno muoveva la macina per la spremitura delle olive nostrane fino agli anni '20 !

Il complesso Molino Tintoria fu acquistato nel 1840 da Felice dei Boni di Cavriago là residenti fin dall'epoca del Concilio di Trento e da sempre commercianti in granaglie e bestiame.

All'epoca i proprietari erano i due fratelli Ravani, preti e canonici di Mucciatella.

Il Boni i soldi non li ha che in minima parte ma certo sperando nella nuova Italia fa un debito oggi euro-milionario che gli eredi finiranno di pagare solo nel 1913 !!

Come facciamo a dire che il complesso è un'unica costruzione molto antica e intatta nel tempo? E da quando?

L'informazione sicura ci viene dal fatto che nell'atto dell'acquisto, il Boni assunse forzosamente l'onere del pagamento annuo in perpetuo di 72 lire reggiane proprio entro e non oltre la festa di S. Martino a motivo di una tassa (detta livello) che gravava sui beni da lui acquistati a favore della Chiesa di san Prospero di Reggio; e così egli scrupolosamente e puntualmente se ne fece carico fino alla sua morte nel 1870 all'età di 60 anni.

La sua seconda moglie Filomena Catelli da Pecorile gravata dei debiti e impegnata a sfamare i suoi quattro marmocchi più gli altri tre della prima moglie, non se la sentì di pagare una tassa ormai fuori dal tempo; inoltre col mulino c'era allora l'onerosa e odiosa tassa sul macinato che dissanguava sia la sua famiglia che quelle degli oltre 40 suoi lavoranti nel molino, tintoria e frantoio delle olive e quindi pensò bene di dismettere quel pagamento sostituendolo con un sacco di pane distribuito davanti alla chiesa di Vezzano il giorno di San Martino.

I due figli che si divisero in seguito l'attività, Boni Giacomo la tintoria e Giuseppe il mulino, continuarono imperterriti a non pagare ma nel 1930 i canonici di S. Prospero, persa la pazienza, fecero loro causa e ottennero un indenizzo finale regolato da un rogito che stabiliva chiaramente dove gravava quella tassa e cioè descriveva i motivi e i luoghi per cui si doveva pagare.

Il rogito di cancellazione della tassa richiamava infatti quello della sua istituzione:

"...Girolamo Ignazio Ferretti, Nobile di Reggio, aveva in enfiteusi due pezze di terra in Villa Gavazzeto, da lui acquistate dal sig. Prospero Pagani, soggette a un lascito a favore della basilica di San Prospero di Reggio per l'Opera Pia de' Calzolai.

Egli chiese e ottenne di trasferire il lascito sopra un'altra sua proprietà' in Villa di Vezzano regolata con rogito Suzzari del 22 luglio 1694 e precisamente: sopra una pezza prativa, vignativa, posta nella Villa di Vezzano con sopra due casini uno vecchio ad uso molino e tintoria, l'altro piccolo e nuovo composto di cantina et camera superiore ad uso legnaia e da due corpi di terra prativa, uno chiamato prato di sotto al canale, l'altro serraglio, con giardino da fiori et orticolo et sua giazzara di quantità biolche reggiane quattro e tavole cinquantasei."


Questo rogito descrive le proprietà proprio con gli stessi identici nomi ( "preè d'ed sòver" , "prèe d'ed sòta", "cà vècha" e "seràil" ) con cui fino ad oltre tre secoli dopo erano chiamate dai Vezzanesi le case e i prati intorno e cioè fino agli anni 1970-80, data dell'esproprio di quelle aree per la zona sportiva.

Il caseggiato "vecchio" ad uso molino e tintoria è quello oggi esistente e per essere chiamato vecchio ai tempi del rogito doveva essere di almeno 70-100 anni prima, cioè già esistente intorno alla fine del '500.

Dopo la chiesa di S. Martino questa è quindi la costruzione storicamente più antica della "Villa di Vezzano" e il Molino e la Tintoria erano la zona industriale da allora, rimasta immutata fino a ridosso della seconda guerra mondiale.

Oggi infatti il complesso Molino Tintoria inserito nel suo terreno circostante è sotto il vincolo della Sovrintendenza dei Beni Culturali e Ambientali. La normativa del Piano Regolatore nel corso del recente restauro "scientifico" ha previsto il controllo da parte dell'Ufficio Tecnico comunale per la salvaguardia dei suoi aspetti architettonici peculiari: si sono infatti conservati sia i tipici sassi d'epoca che i più recenti mattoni forati gialli della nostra ceramica di Vezzano. Anche il prato attorno ha mantenuto il "giardino da fiori e l'orticolo" oggi zona incontrastata per picchi, gazze, merli,gufi,civette ed ogni tipo di volatile.

Solo la "giazzara" è andata perduta ma si sta cercando di localizzarla.
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